“PAGANO FINO A 500 EURO PER UN PERMESSO DI SOGGIORNO ILLEGALE”: A POTENZA SI TORNA A PARLARE DI…

Domenico Roberto Rizzi, Membro comitato promotore provinciale Art. Uno Democratici e Progressisti di Potenza, nel comunicato scritto per ricordare la figura del sindacalista lucano Raffaele Soave (scomparso pochi giorni fa), ha espresso alcune considerazioni sui migranti e la lotta per difendere i loro diritti.

Nella nota di Rizzi si legge:

“In questi giorni si fa un gran parlare sulla necessità di ricostruire un centro sinistra capace di sconfiggere le destre e i populismi pentastellati, ma per farlo serve prima di ogni cosa ricostruire e rigenerare la sinistra, che ha il dovere morale di ritornare a mettere in fila alcune parole, prime tra tutti, il lavoro e i diritti.

Condivido pienamente la posizione di Pisapia che in un intervista a Repubblica scrive:

“L’approvazione dello Ius soli sarebbe un atto di civiltà contro la resa allo spirito dei tempi. Una risposta non rassegnata al disorientamento e alla paura. La prova che siamo capaci di riprendere quell’egemonia culturale che la sinistra, l’associazionismo laico e cattolico, il civismo e la tradizione liberale, sembrano avere smarrito. Per questo lo Ius soli è una grande cosa. Per questo è da qui che vogliamo partire”.

Condivido in quanto credo che una sinistra incapace di lottare per l’emancipazione e i diritti è una sinistra che conserva solo un’ etichetta ma che nei fatti ha mutato radicalmente il suo dna.

La battaglia sullo ius soli deve essere il collante per un nuovo centro sinistra, oggi quei bambini nati in Italia da genitori immigrati che si sono integrati nel sistema paese e che con il loro lavoro e pagando le tasse contribuiscono al mantenimento dello stato sociale.

Discriminare quei bambini non consentendogli di essere da subito “cittadini italiani” è un atto di totale ingiustizia sociale che non è più tollerabile, in quanto non serve avere un colore della pelle o una forma degli occhi diversa per ritenersi italiani, quei bambini vanno nei nostri istituti, a volte anche scongiurando in piccoli comuni la chiusura di scuole, (quindi salvaguardando posti di lavoro) a causa di un decremento demografico causato dalla scarsa natalità, quei bambini giocano con i loro coetanei di famiglie autoctone e uno stato che vuole definirsi davvero civile deve includere ed estendere i diritti anziché limitarli.

Ma ancora, nello “stivale dei paradossi”, uno degli assurdi muri in cui può incorrere un rifugiato o un titolare di protezione sussidiaria, dopo aver passato anni, parcheggiato in centri di prima accoglienza o progetti ministeriali (Sprar) è quello che una volta fuori dalla prima accoglienza o dal percorso Sprar si ritrovano senza una residenza e quindi di fronte all’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, ciò comporta l’impossibilità di avere accesso all’assistenza sociale, l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, e cosa ancor più grave, ricadendo in uno status di clandestinità e non poter avere un contratto di lavoro regolare, di conseguenza, cosi, si stimola nei fatti il lavoro nero e la sua  totale assenza di diritti sia salariali che assistenziali.

Il tema dell’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per l’assenza della residenza, è un tema di facile risoluzione, basterebbe  applicare le norme ministeriali già esistenti che invitano ogni comune ad individuare un indirizzo anagrafico convenzionale per i senza fissa dimora, cosa che in molti comuni italiani compreso nella nostra città capoluogo non viene concessa ai titolari di protezione sussidiaria, e solo in rarissimi casi ai titolari dello status di rifugiato, pur in presenza di una residenza virtuale che nella città capoluogo è via del municipio antico.

La Questura in assenza di una residenza non consente al richiedente di rinnovare il permesso di soggiorno, e questo comporta un vero e proprio problema di sicurezza, in quanto sarebbe più facile controllare chi è in possesso dei documenti, (che solo avendo una residenza è possibile avere), che non chi dopo che lo Stato gli ha concesso uno status di rifugiato, richiedente asilo o di protezione sussidiaria ed essersi sovraccaricato di costi notevoli in termini di ricorsi in tribunale, corte d’appello e per l’avvocatura d’ufficio, rischia di ritornare in uno stato di clandestinità.

La sinistra ha bisogno di mettere un tappo al disordine, aprendo una discussione su questi temi che riguardano i diritti e la legalità; molti migranti, infatti, privi di una residenza ricorrono a forme di pura illegalità, infatti molti acquistano da “residenti” africani ma anche autoctoni la residenza con un tariffario che va dai 300 ai 500 euro, la sinistra ha il dovere di riaprire una discussione sul tema immigrazione, accoglienza, partendo appunto dal ripristino dei diritti e della legalità”.