Collegiata di Santa Maria Assunta, a Pescopagano (PZ), dopo 40 anni è “una ricostruzione ancora ferma e sito nel degrado”.
E’ quanto affermano quattro senatori di “Alternativa c’è”, con l’archeologa Margherita Corrado e il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, portando il caso in Parlamento.
Di seguito il testo dell’interrogazione parlamentare:
“a Pescopagano (Potenza), è ubicata l’antica chiesa arcipretale di santa Maria Assunta, edificio di notevole interesse storico-artistico di proprietà (fino agli inizi del XX secolo) dell’ente morale “fabbriceria di Santa Maria assunta, San Giovanni e San Leonardo”;
gli eventi sismici registrati nel 1980 in Campania e in Basilicata arrecarono molti danni alle strutture della chiesa, che subì il crollo del campanile, delle volte e delle coperture delle navate laterali in corrispondenza dell’abside, nonché il parziale collasso del muro perimetrale della stessa abside;
a seguito della frettolosa rimozione delle parti pericolanti, l’edificio di culto, rimasto in piedi per oltre il 70 per cento, fu sciaguratamente sottoposto ad un’opera di sventramento: come ben testimoniano le fotografie e i video dell’epoca, furono dapprima rimossi i beni mobili e successivamente si provvide ad asportare gli antichi pavimenti, l’arredo marmoreo, a smantellare i tetti della navata centrale e delle navate laterali con i partiti decorativi settecenteschi in stucco, sconvolgendo di fatto l’assetto architettonico dell’edificio sacro dove si stratificavano elementi medievali, rinascimentali e barocchi;
in attesa di una ricostruzione mai concretizzatasi, nel 1990, con un contributo di 250 milioni di lire, fu avviato un consolidamento delle strutture superstiti della chiesa, poi abbandonata, all’esaurirsi del finanziamento, in uno stato di indecorosa ruderizzazione che l’ha ridotta ad una sorta di confuso museo a cielo aperto di sé stessa;
considerato che:
a distanza di 40 anni dal drammatico terremoto dell’Irpinia, la chiesa di santa Maria assunta è stata completamente dimenticata dalle autorità, compreso il Ministero della cultura, espropriando la comunità di Pescopagano non solo di un bene culturale di grande valore ma anche del simbolo stesso dell’identità collettiva e della dignità del suo passato;
tutto l’areale dell’edificio sacro versa in stato di incuria e degrado: le strutture murarie sono state transennate e impietosamente abbandonate senza un’adeguata protezione e copertura, lo spazio delle navate è occultato da vegetazione infestante che lascia affiorare materiali di risulta ammassati insieme ad elementi decorativi antichi, non messi in sicurezza; inoltre, si susseguono saccheggi di elementi lapidei scolpiti dalla facciata settecentesca, dalla scala di accesso e dalle balaustre, privi di adeguata protezione;
ciò rappresenta una ferita aperta nella memoria della comunità locale, che paga decenni di disfunzioni amministrative e scarsa trasparenza nell’erogazione e nell’uso dei fondi pubblici che continua a rivendicare con forza il recupero e la restituzione al culto del suo principale monumento storico, tale per i valori religiosi, simbolici, culturali, civici che essa gli riconosce,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia in grado di riferire se la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio della Basilicata disponga dell’elenco dei beni mobili e degli elementi lapidei trafugati dalla chiesa di Santa Maria assunta a Pescopagano e se essi siano registrati nei database del comando Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale e del segretariato generale dell’Interpol di Lione;
se abbia di recente condotto sopralluoghi nel sito e, in esito a quelli, se siano state stese relazioni o redatte perizie tecniche circa gli interventi più urgenti da eseguire a fini dell’eventuale recupero del monumento;
quali iniziative di competenza intenda assumere per promuovere, di concerto con gli attori istituzionali lucani, un progetto di restauro dell’edificio sacro che ne rispetti la destinazione naturale, ripristinandola, e contestualmente valorizzi la cornice storico-artistica e paesaggistica in cui è inserito, per risarcire la comunità dei danni anche morali fin qui patiti e restituirle un tassello importante della sua storia”.