Coronavirus, il Ministro Speranza: “Se riaprissimo tutto, in due settimane il virus presenterebbe il conto. Come ha detto Conte, non decidiamo le misure per il consenso”

Il Ministro della Salute Roberto Speranza, in un’intervista al Corriere della Serra, torna a parlare di Coronavirus e “Fase 2”:

“La battaglia sanitaria non è vinta, ci siamo ancora pienamente dentro, in Italia, in Europa e nel mondo.

Guardiamo avanti, ma con giudizio.

Sarei la persona più felice del pianeta se potessi dare al Corriere il titolo di prima pagina ‘è tutto finito’, ma non voglio prendere in giro gli italiani.

Siamo consapevoli della sofferenza delle persone, ma come ha detto Conte non decidiamo le misure per il consenso.

Se riaprissimo tutto, in due settimane il virus presenterebbe il conto.

Ogni mutazione dell’indice di contagio dipende dalle scelte del governo ma soprattutto dai comportamenti delle persone.

Bisogna evitare pericolosi stop and go, che farebbero male a tutti.

Finché non ci saranno vaccino e terapie dobbiamo governare questo processo, se non vogliamo vedere di nuovo le terribili immagini che tutti abbiamo ancora negli occhi.

Vedo le tensioni sociali e vedo il problema economico.

Però i dati non sono scritti nel cielo.

L’indice R0 va conquistato giorno per giorno e ora il comportamento degli italiani, sin qui straordinario, è ancora più importante.

Il nemico non è sconfitto, dobbiamo essere pronti.

Possiamo recuperare pezzi della vita di prima, ma per gradi, verificando l’evoluzione dell’epidemia.

Sulla base della curva dei contagi decideremo se accelerare le riaperture o richiudere alcuni ambiti.

Non possiamo permetterci salti nel buio.

Vediamo gli effetti.

Ritengo giusto fare un primo passo uniforme in tutti i territori, poi potranno esserci elementi di flessibilità regionale.

E spero che tra qualche settimana si possa superare anche l’autocertificazione.

Dobbiamo tutti lavorare insieme, anche con presidenti di Regione e sindaci.

Ci è sembrato giusto dare un primo cauto segnale sulle relazioni personali.

Ma il 4 maggio non è un liberi tutti”.