Potenza è il Capoluogo di regione con la tassa sui rifiuti più bassa d’Italia: “ma davvero?”, questa la domanda di…

“Potenza capoluogo con la tassa sui rifiuti più bassa d’Italia: ma davvero ?

Negli ultimi giorni, l’assessore cittadino Alessandro Galella, con delega all’ambiente, ha annunciato con toni roboanti e con immensa soddisfazione, che la nostra città è la città in cui la tassa sui rifiuti è la più bassa d’Italia”.

E’ quanto scrive una nota La Basilicata Possibile che prosegue:

“Tale notizia è stata ripresa più volte dai mezzi di comunicazione locali e la nostra città è stata disegnata come un’isola felice, per quanto concerne la gestione dei rifiuti.

Ciò è stato annunciato alla luce dello studio condotto dall’organizzazione cittadinanza attiva.

Dallo studio condotto, si è osservato che la TARI, nella nostra città è pari a 121 euro, contro i 221 di media regionale e i 320 euro della città di Matera. Il valore di TARI riportato, è stato calcolato prendendo come riferimento una famiglia tipo composta da 3 persone, con un reddito lordo complessivo di 44.200 euro ed una casa di proprietà di 100 metri quadri.

L’analisi condotta però si riferisce alle sole utenze domestiche e non dà conto di come tale tassa si ripercuota sulle attività commerciali.

Nel nostro comune si è scelto, in maniera apparentemente arbitraria che la ripartizione dei costi totali fossero a carico delle utenze domestiche per il 33% e al 67% per le attività commerciali.

Risulta chiaro quindi da tale fattore di ripartizione, come la maggiore pressione fiscale sulla tassa dei rifiuti sia a carico delle attività commerciali cittadine.

Viceversa, la quota maggiore dell’elettorato (i cittadini che non hanno attività commerciali) subendo una contenuta pressione fiscale, potrebbe (almeno da questo punto di vista) ritenersi soddisfatta dell’operato della pubblica amministrazione.

E’ noto che il carico fiscale sulle attività commerciali ha contribuito ad aumentare le difficoltà delle stesse, creando in città l’abbandono di locali commerciali, maggiore disoccupazione, scoraggiando inoltre chi vorrebbe fare impresa.

Ne è prova il sostanziale fallimento della iniziativa dell’Amministrazione (precedente) per rimborsare TARI e COSAP agli esercizi commerciali del Centro Storico che fossero in regola con i pagamenti negli anni precedenti.

A fronte dei 350.000 euro/anno appostati le richieste di rimborso pervenute non arrivano a 100.000 euro segno di una diffusa e perdurante difficoltà per gli esercenti di far fronte alle spese.

Con molto meno, si sarebbe potuto garantire con orari prolungati delle scale mobili e dei bus urbani e con trasporti pubblici più frequenti ed efficienti (circolare dell’anello del Centro Storico), un accesso al centro meno frustrante e sicuramente di maggiore impatto (a che serve pagare meno tasse per un negozio senza clienti?).

Se poi entriamo nel dettaglio di quelle che sono le quote che le attività commerciali devono pagare nel comune di Potenza, nel comune di Udine (secondo comune più economico) e quello di Catania (il più caro), il quadro diviene più chiaro.

Il comune di Udine, il secondo con la TARI meno cara in Italia per le utenze domestiche (considerando l’analisi di cittadinanza attiva), conferma, a differenza della città di Potenza, tale vantaggio anche per le attività commerciali.

Un barbiere con un salone di 100 mq, nella città di Potenza paga 474 euro di TARI contro i 250 euro della città di Udine, un negozio di calzature di 100 mq nella città di Potenza paga 680 euro contro i 238 euro di Udine, uno studio professionale, come quello di un commercialista, nella città di Potenza paga 717 euro di TARI contro i 257 euro della città di Udine. Nella città di Potenza il costo di gestione del servizio rifiuti è pari a circa 14 milioni di euro contro i circa 12 milioni di euro della città di Udine (che però ha quasi 100.000 abitanti), è chiaro quindi che non si può dire che Potenza sia la città più economica rispetto alla TARI.

Semplicemente i soldi che non escono dalle utenze domestiche, sono prelevati da quelle non domestiche.

Anche il paragone con il comune di Catania, il più caro d’Italia per quanto riguarda la TARI, non aiuta: per alcune voci di utenze non domestiche, il comune di Potenza supera in tassazione il più caro d’Italia.

Ad esempio, uno studio professionale di Potenza di 100 mq paga 717 euro contro i 653 di Catania, una casa di cura di 100 mq paga 871 euro nel comune di Potenza contro i 637 di Catania, un bar di 100 mq nella città di Potenza paga 1021 euro contro i 958 di Catania.

È evidente che solo un’analisi più approfondita può delineare quelle che sono le peculiarità cittadine della TARI e, di certo, non si può dire che la città di Potenza sia virtuosa in questo senso.

È chiaro che la metodologia di applicazione della TARI non è né equo né razionale e, soprattutto, non è funzionale all’obiettivo
della riduzione dei costi di smaltimento (e quindi della tassazione) attraverso l’incentivazione alla riduzione della frazione indifferenziata e ad una corretta gestione della frazione organica.

Né il nuovo regolamento che l’Amministrazione si accinge ad approvare sembra muoversi in questa direzione. Avevamo proposto un vero porta a porta che liberasse la città dai bidoni (che invece sono aumentati) e non si fermasse al portone dei condomini o, peggio, ai pochi cassonetti delle contrade.

Significava tanti posti di lavoro ma anche la possibilità per gli operatori di affacciarsi alla porta di tante solitudini, di persone anziane o non autonome per cui anche il conferimento nei cassonetti può rappresentare una difficoltà, di restituire
all’Amministrazione la percezione di problemi (come la cronaca recente ci insegna) dei quali si ha notizia quando intervenire è tardi.

E insieme al vero porta a porta avevamo proposto la tassazione progressiva a peso (proporzionale alla quota di indifferenziato prodotta), e non a metratura, che avrebbe garantito di fatto una tassazione più leggera a quei titolari di attività commerciali che normalmente producono rifiuti già ben differenziati come cartoni e imballaggi, incentivando al contempo i cittadini a “produrre” (già nella fase degli acquisti) minore quantità di rifiuti, a differenziare meglio, riducendo così i costi di trattamento e smaltimento, trasformando anzi, finalmente, i rifiuti in risorsa quali essi sono se ben differenziati.

Per la sola frazione organica oggi spendiamo circa 2 milioni di euro per portarlo a bruciare in qualche azienda emiliana. Si tratta invece di una risorsa preziosa che si trasformerebbe in un’entrata per il Comune, in lavoro per le aziende locali della filiera del compostaggio e un contributo significativo alla riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera.

Solo da una migliore selezione dei rifiuti e con l’abbattimento delle spese di raccolta differenziata per materiale, potremmo risparmiare fino a 5 milioni di euro.

Non c’è nulla da inventare, abbiamo innumerevoli esempi, anche in Italia, di comuni che hanno trasformato in entrate quelle che sono per noi ingenti spese.

Pagare tutti di meno, salvaguardando l’ambiente, creando lavoro e servizi di prossimità, anche a Potenza sarebbe possibile.

Sarebbe ora di passare dai facili proclami alle azioni concrete. I cittadini non hanno bisogno di farsela raccontare, sanno valutare da sé”.