Potenza celebra la Festa della Liberazione: ecco l’intervento del Prefetto Campanaro

In occasione della Festa del 25 Aprile, ecco l’intervento del Prefetto di Potenza, Michele Campanaro:

“Saluto le cittadine e i cittadini presenti, le autorità civili e militari, i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, il Presidente della Consulta provinciale degli Studenti, il Presidente del Forum dei Giovani della Città di Potenza, i bravissimi allievi del Liceo Musicale e Coreutico “Walter Gropius” di Potenza, che ringrazio per la splendida interpretazione del “Canto degli Italiani”, le ragazze ed i ragazzi dell’Istituto Comprensivo “Don Milani” di Potenza e, benché qui non presenti, gli alunni delle Scuole primarie che, anche quest’anno, hanno partecipato con entusiasmo da molti comuni della provincia alla III edizione del concorso di idee sul valore del 25 aprile, inviando in Prefettura tantissimi elaborati grafici, pieni di idee colorate, pubblicati sul sito istituzionale.

Invito davvero tutti a prenderne visione, per cogliere gioia e ricchezza di idee delle nostre più giovani generazioni!

Proprio riflettendo sulla straordinaria risorsa costituita dai giovani e, quindi, con un pensiero rivolto al futuro che essi rappresentano, in questo Capoluogo di regione proclamato meno di due mesi fa Città italiana dei giovani 2024, desidero sviluppare alcune brevi riflessioni sul valore storico di questo 79° della nostra Liberazione dal nazifascismo.

Lo faccio partendo da questa pagina che vi leggo, con attenzione e rispetto: “Dopo l’8 settembre, il tema fu quello della riconquista della Patria e della conferma dei valori della sua gente, dopo le ingannevoli parole d’ordine del fascismo[…]La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per affermare il riscatto nazionale.

Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli antifascisti. Convocò i soldati mandati a combattere al fronte e che rifiutarono di porsi sotto il comando della potenza occupante tedesca[…]Chiamò a raccolta i giovani della generazione del viaggio attraverso il fascismo, che ne scoprivano la natura e maturavano la scelta di opporvisi[…] Fu un moto che mobilitò le fabbriche.

Coinvolse i contadini e i montanari che, per la loro solidarietà con i partigiani combattenti, subirono le più dure rappresaglie[…]Sulla scia di quei ‘visionari’ che, nel pieno della tragedia della guerra e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e di solidarietà, desidero sottolineare che onorano la Resistenza, e l’Italia che da essa è nata, quanti compiono il loro dovere favorendo la coesione sociale su cui si regge la nostra comunità nazionale.

Rendono onore alla Resistenza i medici e gli operatori sanitari che ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di tutti. Le rendono onore le donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito di iniziativa rendono competitiva e solida l’economia italiana[…]I giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano per la difesa dell’ambiente.

Tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni rendono onore alla liberazione della Resistenza[…]Si trattava di dare vita a una nuova Italia.

Impegno e promessa realizzati in questi 75 anni di Costituzione repubblicana. Una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista. Le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi[…]Il frutto del 25 aprile è la Costituzione, risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo.

Il 25 aprile è la Festa dell’identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo”.
Cosa poter aggiungere, dopo aver ascoltato queste parole dal valore altamente lirico? Sono le parole che il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato il 25 aprile dello scorso anno a Cuneo, nella terra delle 34 medaglie d’oro al valor militare, dei 174 insigniti di medaglia d’argento e delle 228 medaglie di bronzo per la Resistenza.

Le stesse parole possono essere riprese con identico pàthos in ogni angolo d’Italia, perché la Resistenza – come ricordato proprio dal Presidente della Repubblica – è stata un movimento corale e variegato, non confinabile né in categorie ristrette né in aree geografiche.

Anche nel Mezzogiorno d’Italia, la Resistenza ha scritto pagine importanti di storia, non sempre adeguatamente sottolineate e conosciute.

In verità, una delle maggiori difficoltà nella ricostruzione di quelle pagine di Resistenza nel nostro amato Sud, è data dalla debole memoria pubblica di eventi sottoposti, negli anni della transizione dal fascismo alla Repubblica e per tutti gli anni Cinquanta, ad un forte isolamento nel dibattito politico e culturale e ad una emarginazione anche sul piano della stessa ricerca storiografica.

La particolare situazione del Mezzogiorno, caratterizzato da una profonda crisi sociale e civile, non favorì certamente una rapida e generale presa di coscienza delle conseguenze legate alla breve, ma violenta occupazione tedesca, dopo l’8 settembre 1943.

In questo ambito vengono ad assumere un significato importante, proprio sul piano storiografico, le relazioni e i rapporti di diverse autorità militari (Carabinieri, Finanzieri e responsabili delle Questure), le relazioni di ex Podestà o di Commissari nominati dai Prefetti, oltre ai documenti degli esponenti del clero (vescovi e parroci).

In terra lucana, in particolare, la Resistenza si é originata dalla necessità di difendersi contro la violenza dell’occupante tedesco, maturata prima attraverso il rifiuto della collaborazione e concretizzatasi, strada facendo, in consapevole trasgressione e aperta rivolta al nazifascismo. Eppure, si sono aspettati decenni prima che il contributo meridionale alla Resistenza e, in esso, quello della Basilicata, ottenesse il posto che gli spettava nel quadro complessivo.

Nel 2004, Vittorio Foa, uno dei padri fondatori della Repubblica, facendo riferimento alla concreta esperienza nella lotta partigiana, ammetteva: “Il Mezzogiorno non esisteva per noi, eppure i suoi dolori sono stati immensi [… ]Il dolore non veniva da una parte sola, veniva da tutte le parti […] Intendo dire che la guerra noi l’abbiamo vista solo dal lato nostro, ma la guerra era di tutti.

La memoria della gente che soffre, la memoria delle sofferenze – come, anche, la memoria della gente che combatte – é tutta memoria che va rispettata[…]Io, da ‘nordista’, pensavo che nell’esperienza settentrionale ci fossero dei valori specifici superiori. Era una stupidaggine”.
Ecco, l’importanza del recupero e della conservazione della memoria storica!

Dunque, nel periodo tra la disgregazione del regime fascista e l’arrivo degli alleati, anche in Basilicata si verificarono episodi di rivolta popolare contro gli occupanti tedeschi e i fascisti.

Si trattava perlopiù di manifestazioni spontanee che avevano come protagonisti le classi popolari e che divennero sempre più frequenti con lo scompaginarsi dell’organizzazione politica e burocratica fascista. Come accadde a Rionero in Vulture, il 16 settembre 1943, quando alcuni contadini assaltarono un magazzino militare per prelevare viveri. I tedeschi aprirono il fuoco uccidendo alcuni inermi.

Il 24 dello stesso mese, sempre a Rionero in Vulture, un contadino reagì al furto di una gallina ferendo un capitano italiano della Divisione Nembo che occupava il paese al fianco dei tedeschi. Per ritorsione vennero fucilate diciotto persone.

Tra le nostre comunità sorsero, in breve, diverse agitazioni spontanee non organizzate, che alla base avevano principalmente una spinta rivendicativa sociale sfociante, come conseguenza, in impegno politico.

Come nel caso della Repubblica di Maschito, auto dichiaratasi ad appena una settimana dall’armistizio dell’8 settembre, guidata dal contadino Domenico Bochicchio, che organizzò la difesa del paese dai nazisti già a Forenza, guidando quella comunità per venti giorni circa, prima dell’arrivo degli alleati.

Un ribellismo sociale più che ideologico, che generò resistenza e opposizione al fascismo con le forme proprie di una società contadina e rurale.

Comunità, quella lucana, in cui la solidarietà è sempre stata un valore diffuso.

Un esempio di solidarietà, che si connotò poi di un significato politico, ancora raccontato dalla gente del posto, avvenne quando Pier Francesco Nitti, deputato del Regno, di ritorno da Roma verso la sua abitazione a Melfi, in provincia di Potenza, inviso a Mussolini per le sue posizioni antifasciste e prossimo all’esilio, stava per essere raggiunto da una colonna di soldati fascisti partiti da Potenza.

Lungo il percorso, gli abitanti della contrada di San Nicola di Pietragalla crearono un blocco stradale con massi, legnami, fascine e tronchi che impedì ai fascisti di raggiungere Nitti.

Nei giorni seguenti i fascisti ritornarono per punire gli uomini che si erano ribellati ma questi, immaginando ritorsioni, si erano dati alla macchia.

Ecco, da mancato collaborazionismo a trasgressione, per poi diventare aperta rivolta antifascista e Resistenza, diffusa in tanti centri della Regione, fino alla Liberazione.

Questo accadde anche da noi, dopo l’8 settembre 1943.

Care ragazze e cari ragazzi, concludo rivolgendomi a voi da Prefetto lucano per dirvi che le storie degli italiani morti per la Resistenza e la Liberazione, anche nella nostra amata Basilicata, continuano a parlarci ancora oggi e ci dicono che esistono grandi ideali e sogni da realizzare per cui vale la pena battersi e che vi sono buone cause da far trionfare, ma ci gridano anche, oggi più che mai, che va sempre detto no alla violenza della guerra e del conflitto.

Viva la Festa della Liberazione, viva l’Italia!”.