Coronavirus: al San Carlo di Potenza sperimentazione dell’eparina. Ecco di che cosa si tratta

L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha autorizzato l’avvio di uno studio per valutare l’efficacia dell‘eparina come anticoagulante sui pazienti affetti da Covid-19.

Come dichiara l’Agenzia:

“Le eparine sono sostanze anticoagulanti (fluidificanti del sangue, utilizzati per prevenire e trattare la formazione di coaguli sanguigni).

Esse sono largamente utilizzate nei pazienti per i quali è essenziale mantenere il sangue ben fluido, come nei pazienti che potrebbero avere o hanno avuto un attacco cardiaco, nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico maggiore, e nei pazienti dializzati (una tecnica usata per purificare il sangue).

Un’analisi retrospettiva su 415 casi consecutivi di polmonite grave in corso di COVID-19 (erano definiti gravi i pazienti con almeno una delle seguenti caratteristiche: FR >30 respiri/min; SpO2<93% a riposo; PaO2/FiO2 <300 mmHg) ricoverati nell’ospedale di Wuhan suggerisce che nei pazienti in cui si dimostra l’attivazione della coagulazione, la somministrazione di eparina (non frazionata o EBPM) per almeno 7 giorni potrebbe determinare un vantaggio in termini di sopravvivenza.

L’effetto terapeutico positivo sarebbe evidente solo in quei pazienti che mostrano un livello molto elevato di D-dimero (6 volte i valori massimi superiori) o un punteggio elevato in una scala di ‘coagulopatia indotta da sepsi’ (SIC score > 4) che considera parametri di laboratorio e clinici.

Nei trattati con eparina con valori di D-dimero nella norma è stata osservato un maggior numero di eventi avversi emorragici.

Questo studio presenta una serie importante di limiti (è retrospettivo, presenta bias di selezione rispetto alle terapie associate ecc.), ma rappresenta l’unico elemento conoscitivo ad oggi disponibile”.

L’anticoagulante attrae il virus che si attacca alla molecola del farmaco: il virus viene così ‘ingannato’ e, anziché aggredire le cellule sane, aggredisce l’eparina”.

Sono 14 i centri coinvolti in questo studio sperimentale, come riporta “Il Messaggero”:

“azienda ospedaliero-universitaria Sant’Orsola-Malpighi di Bologna;

azienda ospedaliero-universitaria di Parma;

azienda ospedaliero-universitaria Policlinico V. Emanuele di Catania;

azienda ospedaliero-universitaria Integrata di Verona;

azienda ospedaliera San Carlo di Potenza;

Asst Cremona; Asst Spedali Civili di Brescia;

Fondazione Poliambulanza di Brescia;

Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Fg);

Irccs Ospedale San Raffaele di Milano;

Ospedale Amedeo di Savoia di Torino;

Policlinico di Modena;

Policlinico Universitario Gemelli di Roma;

Unità operativa complessa Malattie infettive di Rimini e Forlì/Cesena dell’Ausl Romagna”.