Dalla presentazione della classifica annuale 2016 sulla Libertà di stampa nel mondo, stilata da “Reporters sans frontières” è emerso che l’Italia occupa il 77esimo posto.
Per gli italiani non è assolutamente una bella notizia ciò lascia presagire che sono ancora troppe le minacce ed i processi ai giornalisti italiani.
“Reporters sans frontières” è un’associazione “di pubblica utilità” e si trova in Francia, creata nel 1985, riconosciuta e premiata in tutto il mondo, ai più alti livelli di reputazione e istituzionali.
Si occupa di tutela dei giornalisti, di libertà su Internet, di indipendenza dei media e di lotta contro l’intolleranza religiosa.
Si avvale della collaborazione di 115 corrispondenti in 115 paesi, su otto filiali operative (Germania, Austria, Belgio, Spagna, Finlandia, Italia, Svezia e Svizzera), un segretariato internazionale a Parigi e quattro uffici a Bruxelles, Tunisi, Washington e Rio de Janeiro.
Il giornalista Peppe Lopez su “Il Fatto Quotidiano” ha affermato:
“Nel nostro paese ci sono poco pluralismo e molto clientelismo (e sudditanza) anche nel settore dell’informazione, praticamente non esistono editori puri nella carta stampata quotidiana, la Rai è quella che è, Mediaset è di Berlusconi, non sono stati risolti i conflitti di interesse, si insiste a parlare di stretta sulle intercettazioni telefoniche e di carcere per il reato di diffamazione, non si fa niente contro le “querele temerarie”.
Inoltre lo scrittore aggiunge che in Italia bisogna fare i conti la violenza intimidatrice di mafia, ‘ndrangheta e camorra (sono calcolati fra 30 e 50 i giornalisti italiani sotto protezione perché minacciati dalla criminalità)”.
Quest’anno l’Italia è scesa di quattro posizioni, rispetto all’anno scorso, finendo al 77° posto – su 180 nazioni prese in considerazione .
Lopez ha concluso esprimendo un suo parere sulla situazione in cui versa il giornalismo italiano:
“L’Italia vive da almeno un trentennio un degrado dei processi democratici, delle vita istituzionale, della qualità del personale politico e della classe dirigente, in conseguenza della stessa vita sociale ed economica, e del mondo dei media che forse non ha eguali nel mondo”.