“Tempa Rossa è simbolo dell’assoggettamento della Lucania e dei lucani a predatori senza scrupoli”: ecco l’interrogazione rivolta ai Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di Margherita Corrado (M5S Senato – Commissione Cultura):

“Tempa Rossa è tuttora il simbolo dell’assoggettamento della Lucania e dei lucani a predatori senza scrupoli.

Una interrogazione a mia prima firma, rivolta ai Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, si propone di riaccendere i riflettori sulle gravi contaminazioni delle matrici acqua, terra e aria causate dalla coltivazione del giacimento petrolifero in agro di Corleto Perticara (PZ), sfruttato fin dagli anni ’80 del secolo scorso in ragione di un progetto che per la capacità estrattiva giornaliera (di petrolio, gas naturale, GPL e zolfo) è considerato tra i più strategici a livello internazionale.

Il locale Centro Olio, autorizzato dalla regione Basilicata, è in capo al consorzio di società petrolifere Total E&P Italia S.p.a. – Shell – Mitzuo.

Com’è noto, il giacimento ricade in una zona ad elevato rischio sismico e idrogeologico, oltre a trovarsi così vicino al parco naturale di Gallipoli Cognato e alle cosiddette Piccole Dolomiti Lucane da rappresentare un rischio potenziale per entrambi.

Il problema, però, è ‘ambientale’ innanzi tutto in senso squisitamente antropologico.

Il fatto, cioè, che l’impianto di Tempa Rossa continui a registrare fuoriuscite di petrolio e fiaccolate anomale accompagnate da miasmi e fumate nere autorizza a supporre che le tante segnalazioni di irregolarità e di contaminazione degli alimenti, delle acque dei pozzi e dei suoli (sia a ridosso dei pozzi di Total sia dei siti di smaltimento di fanghi petroliferi) hanno appena scalfito quel sistema di connivenze e complicità svelato dalle inchieste giudiziarie degli ultimi vent’anni, sistema ancora perfettamente efficiente e di fatto incontrastato dai vertici (politici e tecnici) della regione guidata da Vito Bardi.

Scegliendo tra le decine di interrogativi che gli autori di quelle segnalazioni, cioè le associazioni ‘COVA Contro’ e ‘Mediterraneo No Triv’ ma anche i comitati locali come ‘la Voce di Corleto’, giustamente si pongono, ho chiesto ai due Ministri se siano state identificate le fonti delle contaminazioni sopra citate ma anche quante sorgenti radioattive siano state usate per lo screening delle rocce serbatoio, quante siano state abbandonate nel sottosuolo e se s’intenda cercare di localizzarle.

Se siano state censite tutte le discariche abusive di fanghi petroliferi tra i comuni di Corleto Perticara e Gorgoglione (MT) ma anche come si possa realmente controllare l’impatto degli additivi chimici presenti nei fluidi di trivellazione, dal momento che la loro composizione è spesso un segreto industriale, e quale esito abbia dato la loro valutazione alla luce dell’apposito Regolamento UE 1907/2006 (cd. REACH)”.