“Le regioni del Sud e la Basilicata ripongono molta fiducia nella Zes Unica, la zona economica speciale istituita per attrarre nuovi investimenti industriali e produttivi nel Mezzogiorno.
Ci auguriamo che sia così, ma non possiamo non considerare alcuni aspetti che aprono dubbi sull’impatto che potrà garantire la Zes Unica istituita dal governo Meloni in alternativa alle otto micro Zes attivate dai governi precedenti in aree molto limitate del Sud.
Le conseguenze del fallimento o di risultati marginali generabili dalla Zes Unica, li potrebbe subire più di tutti la Basilicata che, stando agli indicatori demografici, politici, infrastrutturali e di presenza industriale, è meno attrattiva di altre regioni“.
Lo sostiene in una nota stampa Medinlucania che spiega la situazione dal suo punto di vista:
“Le questioni sono molteplici.
La Zes Unica del Mezzogiorno è la più grande del mondo e copre un’area in cui vivono quasi 20 milioni di persone.
Un’ampiezza così elevata potrebbe cozzare con l’obiettivo primario delle Zes che è quello di attrarre nuovi investimenti, soprattutto non locali, su aree specifiche ad alto valore aggiunto al fine di creare le condizioni per uno sviluppo veloce di quel territorio.
Le Zes originarie istituite nel 2017 erano state pensate per essere localizzate nelle aree cosiddette retroportuali, ovvero quelle zone ad alto potenziale di sviluppo industriale, favorite per le opportunità derivanti dai volumi internazionali di traffico merci e per i sistemi di produzione, logistica e di interscambio connessi a questi, allargate a pezzi di territorio ed aree di insediamento industriale più ampie. Il tutto con lo scopo di semplificare i processi autorizzativi (valutazioni ambientali, autorizzazioni edilizie, concessioni portuali).
Le otto Zes erano gestite a livello regionale e avevano implementato specifici sportelli unici per il rilascio delle autorizzazioni che rappresentavano l’interfaccia unica con le imprese e con gli enti preposti.
Il Pnrr aveva destinato 630 milioni ad interventi infrastrutturali relativi proprio ad attrezzare le aree e connetterle con i principali assi di collegamento.
Risorse adesso ‘congelate’ dal governo Meloni in attesa di capire come si svilupperà la Zes Unica.
Dopo un periodo di rodaggio, le otto Zes, tra cui la Jonica-Lucana, stavano cominciando ad operare e a raggiungere i primi risultati concreti.
Ora, invece, tutto è fermo e non è chiaro quando sarà operativa la struttura centralizzata a Palazzo Chigi prevista dal governo nazionale per gestire la Zes Unica (per ora sono solo stati nominati i vertici).
Altra questione, le procedure dell’Ue sul nuovo regime di Zes Unica che interesserà tutto il Sud e non sono delle zone circoscritte.
Tale regime, per essere applicabile dovrà essere ratificato da Bruxelles e occorre capire quali saranno i tempi e le nuove modalità.
Ma c’è un altro problema, non irrilevante.
Basteranno le risorse stanziate dal governo nazionale?
Con la legge di bilancio sono stati destinati al credito di imposta per il solo 2024 1,8 miliardi.
Di gran lunga inferiori a quei 4,5 miliardi annunciati a settembre. E non è ancora stato pubblicato il decreto attuativo che detta le regole di accesso all’agevolazione.
Infine, non si ha alcuna notizia di cosa accadrà dal 2025 in poi.
Come si sa, i grandi player fanno investimenti per un arco temporale in linea con i loro business plan imprenditoriali e pianificano le loro scelte molto tempo prima.
Insomma, tante aspettative, ma la partenza della Zes Unica a questo punto appare davvero in salita.
Specialmente, in Basilicata”.