NON C’È PACE PER UN 40ENNE DI POTENZA CHE SI VEDE “NEGATO IL DIRITTO A LAVORARE”: QUESTA LA SUA STORIA

Lo scorso 6 Marzo vi avevamo raccontato la storia di un uomo di Potenza (da oltre due anni sottoposto alla misura di prevenzione con obbligo di soggiorno nel comune di residenza) alle prese con la burocrazia che, stando al suo racconto, ostacolava la sua immissione nel mondo del lavoro.

Oggi il 40enne potentino ci ha scritto nuovamente comunicando che la situazione è precipitata tanto da rivolgersi al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).

Riportiamo di seguito la dichiarazione dell’uomo:

“Sono sottoposto alla misura di prevenzione con obbligo di soggiorno nel comune di residenza (Potenza), da oltre 2 anni, per la durata dei 3 anni imposti.

Ho rispettato sempre gli obblighi imposti, tra cui gli orari di rientro, il non allontanarmi dal comune di residenza ecc.

Tra gli obblighi vi è quello principale “cioè darsi al lavoro lecito”, ma qui arriva il bello:

in data 31/11/2015 l’azienda di famiglia mi ha assunto a tempo indeterminato, ho chiesto il permesso per potermi recare sui cantieri e mi venne rigettato con questa motivazione:

“per recarti sui cantieri fuori dal comune ci devi avvisare 5 giorni prima, volta per volta”.

Purtroppo trattandosi di lavoro manuale (adoperato spesso all’esterno, sotto le intemperie), programmare tutto ed essere l’anello debole dell’azienda ha iniziato a pesarmi.

Così il 5 Maggio 2016 ho deciso di licenziarmi, tuttavia sarebbe bastata un’autorizzazione a potermi recare sui cantieri solo in orari lavorativi.

Il 13 Febbraio 2017 si ripresentò per me una nuova opportunità di lavoro:

una Srl molto nota con sede legale in Campania, a seguito delle mie referenze tecniche mi ha assunto a tempo indeterminato, addirittura il legale rappresentante venne convocato in caserma presso la locale stazione dei Carabinieri dove gli venne chiesto di fornire contratto di lavoro e confermare sede di lavoro del dipendente assunto.

A seguito di tutti i controlli fatti il tribunale  ha fissato un’udienza “senza fretta” all’11 Aprile 2017.

Nel frattempo in seguito ad una mia ulteriore richiesta dello scorso 3 Marzo, mi è stato concesso di potermi recare a lavoro in via transitoria fino alla data dell’udienza.

Purtroppo, l’11 Aprile è arrivato, ma a causa dello sciopero indetto dagli avvocati l’udienza della revoca della misura di prevenzione non si è svolta.

La cosa più assurda è che dopo avermi autorizzato in via transitoria, fino ad oggi ad espletare l’attività lavorativa, il giudice ha disposto una nuova udienza al 10 Ottobre 2017, senza tener conto che sono assunto a tempo indeterminato e che non potrò più recarmi al lavoro.

Io non demordo e ieri ho presentato una nuova istanza per potermi recare a lavoro, fino alla data della nuova udienza ma mi è stata rigettata.

Quello che sta accadendo ha dell’assurdo:

ero un imprenditore e mi hanno fatto chiudere l’azienda “ancor prima che il provvedimento ne diventasse definitivo”.

Senza considerare che dal giorno che mi è stata imposta la misura nessuna condanna è subentrata, anzi ben 12 sentenze tra assoluzioni e prescrizioni.

Posso pienamente affermare che i socialmente pericolosi sono quei signori  seduti dietro le scrivanie.

Ad oggi esausto di tutto ciò, ho deciso di mettere tutto all’interno di un plico e spedire tutto al CSM, perché non esiste più nessuna tutela.

Comincia a diventare palese che tale misura mi è stata imposta solo per una “antipatia”, forse perché mi ribello, scrivo agli organi competenti, soprattutto perché non c’è modo di potermi definire “un socialmente pericoloso”, anzi dalla stessa azienda con la quale ho lavorato in questi 30 gg. , in fase di conferma del contratto, sono ritenuto una persona precisa e competente nel proprio lavoro, con un’ ottima capacità di interagire con altro personale lavorativo.

A tutto ciò, come se non bastasse stamattina ho comunicato tutto questo alla mia azienda, la risposta mi ha lasciato senza fiato “noi abbiamo investito sulle tue competenze tecniche” prendendo nuovi lavori e stipulando nuovi contratti, pertanto la riterremo responsabile di eventuali costi aggiuntivi”.