STUDIO SUI CALCOLI RENALI DEI LUCANI, SECONDO IL CNR DI TITO LE QUANTITÀ DI METALLI RILEVATE SONO SUPERIORI ALLA MEDIA

 

Dal sito d’inchiesta e di informazione ambientale di Basilicata, Punto e Basta, è stato pubblicato da Giorgio Santoriello uno studio realizzato dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche – IMAA di Tito), nel quale sono stati analizzati con strumenti di laboratorio ad altissima precisione, 48 campioni di calcoli renali di pazienti lucani, non ben localizzati nello studio.

Lo studio si intitola “Gli elementi in tracce nei calcoli renali” ed è stato realizzato in data postuma al 2008 .

Così come si evince dalla nota:

“L’articolo è volto a capire le cause di morte di origine “biogeochimica”, un filone di ricerca avviato solo da un paio di decenni e che procede a rilento.

Numerosi inquinanti veicolati da aria, acqua e cibo si mineralizzano nei reni, sostituendosi a calcio e magnesio oppure legandosi a loro: piombo, cadmio, nichel ed alluminio, secondo lo studio, potrebbero essere coinvolti nei processi di induzione cristallina, concentrandosi preferenzialmente nel nucleo dei calcoli ed i loro tenori nelle urine possono essere interpretati in termini di monitoraggio ambientale.

I calcoli renali, infatti, in base agli elementi che riescono ad intrappolare nella loro struttura possono essere utilizzati come utili indicatori ai fini dell’individuazione di aree che presentano anomalie di concentrazione chimica.”

Tracce di piombo e cromo (sostanze i cui vari stadi/composti possono essere anche cancerogeni o tossici ad ampio spettro ) sono stati rilevati in tutti i tipi di calcoli analizzati, in alcuni casi accoppiati a marcati tassi di ferro. Per il cromo si osserva invece una relazione lineare con il calcio nei calcoli organici.
Nei calcoli renali dei lucani c’è una percentuale nettamente maggiore rispetto ad altri contesti studiati (Giordania e Mauritius), rispetto alla presenza di rame e zinco, oltre che manganese e piombo”.

Secondo il CNR:

“la presenza di alcuni metalli (ferro, rame, magnesio e manganese) nella struttura dei calcoli è di solito molto bassa, ma nei campioni analizzati (in Basilicata) se ne rileva un contenuto apprezzabile.
Studi di maggiore approfondimento in alcune aree ristrette potrebbero consentire di individuare eventuali fattori di correlazione tra il sistema ambiente e gli alimenti e di individuare, quindi, delle aree a rischio ambientale per la nefrolitiasi”.

Alla luce di questo studio, il sito d’inchiesta pone delle domande :

1)Se il CNR ha questa attrezzatura (spettrometri ad assorbimento nucleare) perché non usare loro oltre l’Arpab per capire cosa succede in Basilicata?
2)Se il CNR non regolamenta i suoi conflitti d’interesse interni o i suoi forti legami di dipendenza economica dalla politica e relative potenziali influenze a cosa serve avere questa attrezzatura se dopo non si appura mai la verità in maniera estesa e compiuta?
3)Perché mai nessun ente regionale ha pensato di organizzare un sito web ove pubblicare per intero ed in originale tutti gli studi scientifici svolti in Basilicata e per la Basilicata, o sulla Basilicata?

Grazie all’inchiesta di “Punto e Basta” tutti noi lucani auspichiamo di ottenere risposte “chiare e certe” entro tempi ragionevoli.