La Chiesa di Potenza plaude alla scelta dei Sindacati Confederali di tenere in una città del Mezzogiorno, a Potenza, la manifestazione nazionale per la festa del lavoro del primo maggio 2023.
L’arcivescovo metropolita, Salvatore Ligorio, presidente della conferenza episcopale della Basilicata, saluta e ringrazia i segretari di CGIL,CISL e UIL ed auspica vivamente che l’iniziativa possa assumere anche il significato di una ritrovata centralità della questione-Sud nel dibattito pubblico, come questione nazionale ed europea, dopo decenni di confinamento a problema locale, al più regionale.
La Chiesa fa proprie “le gioie e le speranze , le tristezze e le angosce”, come ricorda il Concilio nella Gaudium et spes, del popolo al cui interno è piantata, consapevole del nesso strettissimo, come ricorda ogni giorno papa Francesco, che esiste tra evangelizzazione e promozione umana.
E come tale respira e registra in ogni angolo di questo territorio, attraverso i centri di ascolto diffusi nelle parrocchie, il disagio e le difficoltà del vivere quotidiano, per tanta parte della sua gente, in un contesto di forte aumento della povertà;
specie per le donne e i giovani, stretti tra disoccupazione, emigrazione, precarietà , lavori sottopagati e servizi inesistenti o di scarsa qualità.
Qualche anno fa, i vescovi nel documento “Per un paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, scrivevano che “ proprio nessuno nel Sud deve vivere senza speranza”(n.1). Ma da allora l’auspicio è rimasto tale.
Ai governanti nazionali e locali pare sfugga che da due decenni si assiste dal sud ad un esodo biblico ( in 20 anni, dice l’ISTAT, un milione di abitanti in meno ), una emorragia di giovani, per lo più laureati, ha impoverito il mezzogiorno del suo capitale più prezioso; e malgrado le partenze, si registra una disoccupazione che riguarda più del 40% dei giovani residenti.
La Chiesa di Potenza ritiene sia indispensabile una svolta radicale di politica, nazionale e locale, come del resto ha intuito l’Europa col “Next Generation EU”, approvato, in piena pandemia, proprio per ridurre il divario generazionale, di genere e territoriale che al sud è il più antico ed esteso del vecchio continente.
Ed invece sentiamo parlare più di autonomia differenziata, che rischia di tradursi in secessione dei ricchi, che di sviluppo e crescita del Mezzogiorno, che assicurerebbe all’Italia quel secondo motore necessario per competere nel mondo globalizzato.
Il Sud ha bisogno – sostiene mons. Ligorio – di impegni che vadano ben oltre il tradizionale , generico e vago appello per “nuovi posti di lavoro”. Servono progetti concreti, aziende innovative – e il Sindacato può svolgere su questo un ruolo determinante – e soprattutto una politica nazionale che assecondi la vocazione naturale verso il Mediterraneo, il mare che è necessario esca finalmente dalla retorica e diventi anche per l’Italia una opportunità di sviluppo per i nuovi ed enormi traffici internazionali che si vanno sempre più intensificando.
Ma la Chiesa è largamente consapevole che è divenuta indispensabile anche una svolta nella politica locale, che si traduca in giustizia sociale, certezza del diritto amministrativo, e lo sradicamento della malapianta del clientelismo diffuso , che gli studiosi chiamano eufemisticamente “intermediazione anomala”, ma che di fatto emargina i più poveri di “relazioni giuste”, che spesso sono anche i più capaci.
La comunità cristiana della diocesi di Potenza , sicura di interpretare tutte le chiese consorelle del Sud, fa sue le parole del Papa, del settembre scorso a Napoli: “la Chiesa deve predicare la speranza, ma parlare di speranza significa guardare avanti e costruirla, perché il mondo così come è non ci piace”.
Pertanto, continuerà a parlare e a pungolare le amministrazioni pubbliche, perché la profezia, nel nome del Vangelo, è la trasmissione della parola di Dio in contrapposizione ad ogni logica di potere.