La talentuosa Rosangela della provincia di Potenza svela la sua teoria per il raggiungimento della felicità

Maturità classica conseguita presso l’Istituto Superiore “Giustino Fortunato” di Rionero; Laurea Triennale in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Siena “Richard Goodwin”, con tesi in “Piano Sanitario Regionale. Differenze tra Toscana e Basilicata”; Laurea Magistrale in Management e Governance (Direzione e Controllo Aziendale) presso l’Università degli Studi di Siena “Richard Goodwin”, con tesi in “Felicità e Salute. Il caso USA”.

Questo e tanto altro è Rosangela Grieco, economista lucana impegnata all’interno dell’associazione culturale “Centro Studi Leone XIII” di Rionero, coordinata dal prof. Pasquale Tucciariello.

Nell’ambito del blog gestito dall’associazione rionerese, di particolare interesse sembra la sua lunga riflessione sull’esistenza umana, “croce e delizia” piena di contraddizioni, metri di giudizio e paragoni che logorano la nostra salute emotiva e abbattono anche l’ultimo slancio vitale che ci pervade.

E allora, come raggiungere la felicità?

Ecco la risposta che ci offre Rosangela:

“Ama ridi e condividi.

‘Vorrei averlo fatto’ – I cinque rimpianti più grandi – è il libro di una infermiera australiana, Bronnie Ware, che ha deciso di raccogliere le confidenze dei malati terminali dell’hospicein cui lavora.

I bilanci di fine vita raccontano rimpianti: avere speso troppo tempo per il lavoro, avere trascurato le relazioni importanti, non avere saputo esprimere e manifestare i propri sentimenti, non essersi dedicati abbastanza al prossimo, non essere stati abbastanza felici.

L’amore, la felicità e le relazioni sembrano essere il metro di giudizio per una vita vissuta in pienezza.

Se dovessimo fare un bilancio delle nostre vite, probabilmente avremmo gli stessi rimpianti.

Perché non tentare di arrivare in fondo ai nostri giorni, consapevoli già da ora di poter riadattare molti dei nostri impegni e abitudini in cambio di più vita?

AMA RIDI E CONDIVIDI, è il decalogo per la felicità che suggerisce il Prof. Bartolini (in una nota pubblicata per Apoteca Natura).

E, come lui, una schiera di altri economisti, sociologi, filosofi, antropologi e studiosi dell’Economia della Felicità.

Noi, come loro, ci chiediamo se sia possibile andare oltre le convenzionali ideologie e teorie economiche, spostando l’attenzione dal Pil (Prodotto Interno Lordo) al Fil (Felicità Interna Lorda), cioè considerare come variabile economica il benessere psicofisico degli individui.

Gli individui del nostro secolo soffrono sempre di più di solitudine, di infelicità e di inadeguatezza poiché si confrontano con un modello sociale ed economico privo di valori etici, stressante e consumistico.

Scitovsky parlava di prospettiva senza gioia: ‘Il nostro benessere economico è in costante aumento, tuttavia il risultato è che noi non siamo più felici’.

E aggiungerei, più malati.

Se da un lato, infatti, è aumentata la prospettiva di vita, dall’altro è diminuita la prospettiva di vita sana.

Ci ammaliamo prima e sempre di più.

Studi epidemiologici hanno confermato la stretta relazione che sussiste tra felicità, relazioni e salute.

I fattori di rischio della salute sono cambiati nel corso dei secoli.

Nell’800 la prima causa di morte era attribuita alle malattie infettive, nei primi del novecento, invece, alle malattie cardiovascolari e ai tumori.

La nuova fase, iniziata a metà 900, manifesta nuovi fattori di rischio, quelli, appunto, psicosociali.

Possiamo fare molto per la nostra salute se diveniamo coscienti che, prima di essere un problema esclusivamente sanitario, la salute è una conseguenza della felicità.

E la felicità è una conseguenza delle relazioni.

La nuova frontiera del progresso della salute è sviluppare una cultura sociale che rimetta al centro la felicità e la vita di relazione.

Si può invertire la rotta.

Helena Norberg Hodge, premio Nobel Alternativo e pioniera del movimento di localizzazione, parla di una tecnologia moderna che causa infelicità, poiché abbiamo abbandonato la ‘possibilità di sviluppare tecnologie che operino entro strutture che siano su scala umana, tecnologie che servano e vadano realmente a vantaggio degli esseri umani, senza distruggere l’ambiente’.

L’inversione di rotta deve percorrere la strada di politiche sostenibili che cooperino in ambito ambientale, urbano e sociale.

A livello ambientale, se il capitalismo tende ad appiattire qualsiasi differenza territoriale, l’economia della felicità promuove la localizzazione e la biodiversità.

A livello urbano, se la globalizzazione è quasi sempre sinonimo di urbanizzazione selvaggia, l’economia della felicità fonda la sua politica sulla ristrutturazione, sulla riabilitazione di strutture già esistenti e sullo sviluppo di una urbanizzazione più a misura d’uomo, con spazi verdi e di aggregazione che limitino il fenomeno di nature deficit disorder, provocato dal trascorrere troppo poco tempo a contatto con la natura.

Bisogna rieducare il modo di vivere, partendo dall’economia per ritrovare la società, l’etica e la politica.

E bisogna rieducare le nostre menti alla bellezza, ritrovare il senso di realizzazione personale, riscoprire l’equilibrio tra uomo e natura, ripensare ad una società civile fondata su valori solidali, ricostruire una società relazionale in cui l’uomo si senta riconosciuto e si senta protetto dai valori di giustizia ed equità, e infine realizzare concretamente una nuova società umana.

La nuova frontiera del progresso della salute è sviluppare una cultura e una società che ci consenta di dare peso alle cose che sono importanti per la nostra felicità. Cioè alla nostra vita di relazione”.

Condividete la riflessione di Rosangela?