Alternanza Scuola-Lavoro: la Basilicata tra le prime 10 nella classifica delle regioni meglio “attrezzate”. L’indagine

Una buona ottava posizione per la Basilicata nella classifica delle province e delle regioni più “attrezzate” per l’alternanza scuola-lavoro.

Matera è al 37° posto con 248 strutture iscritte nel registro nazionale delle imprese disponibili ad ospitare studenti, Potenza è al 42° posto con 420 strutture.

Prendendo in considerazione le sole imprese – e non tutte le strutture – la Basilicata scende alla quattordicesima posizione.

A livello nazionale è il territorio della provincia di Firenze quello più “attrezzato” per l’alternanza scuola-lavoro, a cui fanno seguito Sondrio, Pisa, Trento e Modena.

A livello regionale al primo posto si conferma la Toscana, seguita da Trentino-Alto Adige e Veneto.

A chiudere la classifica, Sicilia, Campania e l’Abruzzo fanalino di coda, che conferma l’ultimo posto anche per offerta delle sole imprese, dove primeggiano Veneto, Trentino-Alto Adige e Lombardia.

A passare sotto la lente d’ingrandimento l’alternanza scuola-lavoro, dal 2015 obbligatoria per le ultime tre classi di tutte le scuole superiori e dal 2019 ribattezzata Pcto prima della sosta forzata per la pandemia, è il sindacato datoriale Unsic, con oltre tremila sedi in Italia tra Caa, Caf e sedi di Patronato.

In occasione del tavolo tecnico ministeriale del prossimo 26 gennaio sul tema, a cui prenderà parte anche Giampiero Castellotti dell’Unsic, l’organizzazione datoriale ha redatto un dossier ricco di numeri e di proposte.

Le “pagelle” ai territori, che ne evidenziano le difformità, sono frutto principalmente del volume dell’offerta di strutture disponibili ad ospitare gli studenti rispetto al numero di residenti e di studenti.

Infatti a fronte delle rilevanti richieste scolastiche costituisce una delle criticità ataviche dell’esperienza proprio l’esiguità dell’offerta, che non include solo “imprese” ma anche enti pubblici e privati, musei, associazioni, sindacati, biblioteche, enti sportivi, ecc.

Con un problema in più.

Precisa Domenico Mamone, presidente dell’Unsic:

“I dati emersi e da noi elaborati possono tenere conto unicamente degli aspetti quantitativi, ma non possono includere gli elementi qualitativi, difficili da individuare anche per l’assenza di monitoraggi istituzionali”.

Ad esempio, sotto la generica definizione istituzionale di ‘impresa’ si va dalla multinazionale al piccolo bar e ciò potrebbe parzialmente inficiare l’elaborazione finale, per quanto la fotografia della tendenza provinciale e regionale resta comunque affidabile – conclude Mamone.

Nel quadro della “appetibilità territoriale” emersa, spiccano alcuni elementi.

Se in linea generale sono i territori più industrializzati a garantire maggiori opportunità agli studenti degli istituti tecnici e professionali, e naturalmente le province a maggiore vocazione culturale e turistica garantiscono buone occasioni ai licei (ciò spiega il ventesimo posto di Agrigento e il trentasettesimo di Matera), si segnalano il settimo posto di Fermo per la tradizione artigianale e l’ottavo posto di Trapani per la filiera marinara.

Oltre a ricostruire la storia dell’alternanza, con i riferimenti normativi, il dossier si concentra sui vantaggi (in primis l’apprendimento pratico, l’orientamento, i contatti con l’azienda e l’eventuale opportunità di lavoro) e gli svantaggi (problemi logistici, disarmonia con il percorso scolastico, sfruttamento e insicurezza) dell’esperienza ed elenca anche gli incidenti, alcuni mortali, che hanno funestato l’alternanza, elencando i dieci più gravi dal 2017 ad oggi, accaduti a La Spezia, Faenza (Ravenna), Pavia di Udine, Montemurlo (Prato), Genola (Cuneo), Rovato (Brescia), Lauzacco (Udine), Fermo, Merano (Bolzano) e Noventa di Piave (Venezia).

Infine l’Unsic avanza sedici proposte per riformare la materia, dalla non obbligatorietà almeno nei licei e dall’estromissione come requisito di ammissione agli esami di Stato agli sgravi per le aziende coinvolte che dovrebbero avere certificazioni aggiuntive sulla sicurezza, oltre a quelle di prassi.

L’organizzazione propone anche un accordo scritto tra struttura ospitante e scuola con l’impegno a fornire un programma formativo allineato con le finalità di orientamento e formazione, un albo per i tutor, lo status dello studente per distinguerlo dal lavoratore, il feedback standard sull’esperienza vissuta, la conciliazione tra l’alternanza e le interrogazioni e le verifiche scolastiche a garanzia degli studenti e l’incremento delle esperienze presso aziende e organismi italiani all’estero.

Infine, oltre a chiedere un ruolo per sindacati e organismi rappresentativi di settore sul fronte della prevenzione della sicurezza e della regia locale per la co-progettazione e a proporre l’inserimento della formazione sulla sicurezza nel programma di educazione civica, l’Unsic lancia l’idea di un dibattito aperto sull’eventuale “minisalario” allo studente per l’alternanza (sul modello tedesco), “benché i ragazzi siano in formazione e non dovrebbero lavorare” e un monitoraggio ministeriale, oggi assente.