Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa di NO SCORIE:
“Se non sarà possibile evitare la privatizzazione del 30% delle azioni di Acque del Sud Spa sulla gestione bene comune dighe /acqua le comunità, i consumatori le stesse comunità (soci privati) potrebbero acquistare le azioni o parte delle azioni che il ministero dovrà cedere in virtù della sua legge di governo.
Quest’anno ricorreranno 40 anni dall’invasamento della diga di Senise, la più grande di Europa in terra battuta, per la quale la comunità di Senise oltre a pagare un prezzo altissimo sulla sua economia agricola è stata illusa da progetti di industrializzazioni mai partiti e inconsistenti progetti turistici dove sono stati sprecati milioni di euro.
Oggi invece si ritrovano a fare conti con la mancanza di lavoro, di servizi e spopolamento indotto.
I primi azionisti della gestione delle dighe dovrebbero essere proprio le comunità e i cittadini dove sono state realizzate le dighe e i bacini idrici di approvvigionamento.
Luoghi dove dovrebbero essere attuate tutte le politiche territoriali e di sviluppo per mantenere/migliorare la qualità delle acque, migliorare la qualità della vita dei residenti e tutelare l’acqua come bene comune.
È questo il momento in cui si potrebbero rivendicare le istanze territoriali senza commettere gli stessi errori del passato, se ciò non avverrà piangersi addosso in futuro non servirà a nulla.
I singoli consumatori potrebbero diventare azionisti di Acque del sud Spa, ad esempio: su una base di 3 milioni di consumatori basterebbero appena 50 cent a consumatore per acquisire il 30% di Acque del Sud Spa per un valore di appena 1,5 milioni di euro.
La richiesta potrebbe partire dai singoli comuni che in base ai propri abitanti versano le singole quote/azioni che gli stessi comuni potrebbero tranquillamente recuperare tramite le tasse comunali che normalmente riscuotono dai cittadini(in questo caso consumatori-azionisti).
Ad esempio un comune di 20.000 abitanti potrebbe versare appena 10.000 euro per le azioni dei suoi cittadini/consumatori.
L’azionariato delle comunità e consumatori tramite i comuni sarebbe determinante anche affinché non ci sia un eventuale disimpegno dei governi sui futuri costi da sostenere per le imponenti opere idrauliche e dighe, sul controllo dei costi, delle future tariffe e dei canoni.
Le azioni sociali permetterebbero di mantenere il bene comune sotto il controllo dei consumatori che ne controllerebbero direttamente la gestione rispetto ad altri privati che avrebbero interesse a gestire il patrimonio idrico meridionale.
A gestire l’operazione potrebbe essere la stessa Anci (l’associazione nazionale dei comuni italiani) che potrebbe fare da collante per le comunità dei singoli comuni.
Ovviamente questa è una proposta, mentre è già stato sperimentato che l’azionariato popolare ha la capacità di favorire una maggiore stabilità politico-sociale con una distribuzione dei costi /benefici più omogenea.
Dall’altra parte dello stivale si è pensato pure a rendere più equi i benefici sulla produzione di energia dall’acqua.
In Lombardia le dighe diventano pubbliche concessioni sull’idroelettrico e i territori avranno circa l’80 per cento degli introiti dei proventi delle concessioni con quote gratuite di elettricità prodotte con l’idroelettrico”.