Riceviamo e pubblichiamo un intervento della segreteria confederale della Cisl Basilicata, Luana Franchini, sul tema della sanità:
“Con la pubblicazione del Regolamento recante la definizione di modelli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale del Servizio Sanitario nazionale inizia la Riforma dell’Assistenza Territoriale che definisce al suo interno un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza primaria, individuando standard sia tecnologici che organizzativi uniformi su tutto il territorio nazionale, promuovendo così un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario ma anche ambientale e climatico.
Dalla definizione e pubblicazione del regolamento parte il percorso per definire un nuovo sistema di welfare socio-sanitario integrato, capace di rispondere in modo universale ai bisogni di cura e promuovendo un modello di sanità di prossimità per essere più vicini alle persone, costruendo modelli di assistenza territoriale fondati sia sul curare che sul prendersi cura, ed è il prendersi cura il vero banco di prova anche per la nostra regione.
La Basilicata infatti ha grande bisogno dell’applicazione in chiave territoriale di questo strutturale processo di riforma, perché la sanità lucana a stento raggiunge la sufficienza nei livelli essenziali di assistenza ed è afflitta da una emigrazione sanitaria che infragilisce sia il bilancio regionale sia la rete di cura necessaria al cittadino.
La riorganizzazione della medicina territoriale con il DM 77/2022 definisce:
- le strutture che compongono la rete dei servizi territoriali;
- gli standard in rapporto alla popolazione;
- i parametri di riferimento del personale;
- le modalità organizzative e funzionali;
- gli obiettivi strategici di riferimento, governance del sistema.
Il modello organizzativo disegnato e che sarà finanziato anche dai fondi del PNRR missione 6, ruota intorno al Distretto sanitario che costituisce il centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi delle ASL, all’interno del Distretto opera la Casa della Comunità che rappresenta il fulcro della nuova rete territoriale dal momento ed è il luogo dove i cittadini potranno trovare assistenza h24 ogni giorno della settimana in un modello organizzativo integrato e multidisciplinare con equipe costituite da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri di famiglia e tutti gli altri professionisti coinvolti nel processo di cura.
Al Distretto afferiscono anche le Unità di Continuità Assistenziale (UCA), che vengono mantenute in vita dopo la sperimentazione durante la fase pandemica quale equipe mobile composta da almeno un medico e un infermiere per la gestione e il supporto alla presa in carico di soggetti o di comunità che versano in condizioni di particolare complessità.
Entro il 2026 saranno realizzate le Case della Comunità tecnologicamente attrezzate, organizzate in “hub” e “spoke “alla luce delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso in particolare nelle aree interne e rurali.
Le Case di Comunità “hub” (una ogni 40.000-50.000 abitanti) prevedono l’assistenza medica (h 24 – 7 giorni su sette) ed infermieristica (h 12 – 7 giorni su sette), mentre quelle “spoke” dovranno garantire, insieme ad altri servizi come il Punto Unico di Accesso (PUA), il collegamento con il CUP aziendale e la presenza medica e infermieristica (12 ore al giorno – 6 giorni su sette).
Al fine di evitare ricoveri ospedalieri impropri e/o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni assistenziali, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio degli assistiti vengono istituiti gli Ospedali di Comunità che svolgono proprio la funzione di facilitare la transizione dei pazienti dalle strutture ospedaliere per acuti al proprio domicilio.
Gli Ospedali di Comunità saranno dotati di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti.
Alla funzione di coordinamento della presa in carico della persona e di raccordo tra i servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali provvederanno le Centrali Operative Territoriali (COT), che si interfacciano anche con la Centrale Operativa Regionale.
Quest’ultima è la sede del Numero Europeo Armonizzato per le cure mediche non urgenti, che offre un servizio telefonico gratuito h24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale.
Nel processo di cura e di prendersi cura grande rilievo viene attribuito alla figura l’Infermiere di Famiglia o Comunità che è la figura professionale di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera, perseguendo l’integrazione interdisciplinare, sanitaria e sociale dei servizi e dei professionisti ponendo al centro la persona, assieme al potenziamento dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), un ruolo fondamentale verrà svolto dalla Telemedicina che rappresenta un approccio innovativo alla sanità che, se inclusa in una rete di cure coordinate, consente l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali.
Come si vede, quindi, ci accingiamo a costruire una organizzazione complessa e capillare che consentirà davvero di portare la cura ed il prendersi cura nel territorio, questo è un orizzonte positivo per la Basilicata e per la sua popolazione anziana e fragile, tuttavia sarà necessaria una dotazione di personale del settore sanitario e socio-sanitario di grandissime proporzioni.
I lavoratori e le lavoratrici rappresentano la colonna portante della riorganizzazione del sistema socio-sanitario, in quanto solo attraverso dotazioni organiche adeguate potranno essere raggiunti gli obiettivi prefissati.
Ed è proprio questo il punto più critico della realizzazione del nuovo modello organizzativo della sanità sul territorio, perché deve fare i conti con la carenza di medici ed infermieri, in Basilicata più che altrove, considerando che già oggi ci sono tanti paesi che non hanno il medico.
Inoltre una organizzazione cosi complessa, capillare e coordinata su più livelli, richiede che le decisioni da prendere relative alle allocazioni delle diverse strutture del modello, avvengano sulla base di parametri oggettivi, per dare risposte di natura funzionale ai bisogni degli utenti, alle caratteristiche del territorio, ai collegamenti logistici, alla demografia degli ambiti territoriali e non di altra natura che produrrebbero una grave distorsione che metterebbe a rischio la tenuta dell’intero Sistema della cura”.