A Potenza e provincia “sono 19000 le famiglie che aspettano il Reddito di cittadinanza”, a dirlo…

Sono 28.600 le famiglie lucane interessate al reddito di cittadinanza che, secondo quanto previsto dal Movimento 5 Stelle, è destinato a chi presenta un Isee fino a 9.360 euro all’anno.

Secondo uno studio pubblicato da “Il Sole 24 Ore” in percentuale si parla di:

  • 12,1% delle famiglie residenti in Basilicata;
  • 1,1% del totale delle famiglie italiane.

Diviso per provincia, si contano:

  • Potenza, 19 mila (il 12,3 per cento del totale della famiglie residenti);
  • Matera, 9.600 famiglie (l’11,7 per cento).

Le province di Potenza e di Matera occupano la 29esima e la 33esima posizione nella graduatoria delle famiglie italiane “potenziali beneficiarie del reddito di cittadinanza”.

Non si fa attendere il commento del consigliere regionale Paolo Castelluccio, che sottolinea il fatto che i numeri sarebbero consistenti, e dichiara:

“La norma che mira a introdurre il reddito di cittadinanza, che comunque resta solo una promessa perché è senza alcuna adeguata e totale copertura finanziaria reale, riguarderebbe, secondo i calcoli fatti oggi da Il Sole 24 Ore, 28.600 famiglie lucane (con Isee ordinario fino a 9 mila euro), il 12,1% del totale.

Ma Cinquestelle e Lega si guardano bene, oltre che dall’indicare dove prenderanno i soldi necessari, come affronteranno le troppe questioni tuttora aperte per la fase che dovrebbe attuare il provvedimento assistenziale, tra le quali l’inadeguatezza profonda dei Centri per l’Impiego.

I numeri sarebbero consistenti (19mila famiglie in province di Potenza e 9.600 in quella di Matera) come consistenti sono le legittime aspettative alimentate anche in Basilicata e nel resto del Mezzogiorno che assorbirebbe, come ha confermato il rapporto Svimez dei giorni scorsi , il 63% delle risorse necessarie al reddito di cittadinanza, con le due province lucane tra le prime 33 del Sud per percentuale di potenziali beneficiari.

Contestualmente alla diffusione dei dati il Centro Studi di Unimpresa mette in guardia su come diventerebbe possibile aggirare la norma e di conseguenza far esplodere il lavoro nero.

L’architettura della misura, spiega Unimpresa, si presta a diverse manipolazioni, anche con sostanziali accordi tra le imprese e i lavoratori, appartenenti a categorie più deboli.

Chi ha un reddito mensile inferiore a 1.000 euro potrebbe infatti “accettare” di buon grado il licenziamento da parte del datore del lavoro, percepire il reddito di cittadinanza (che assegna una “paga” mensile fino a 780 euro), continuare a lavorare con un salario in nero e più contenuto rispetto a quello regolare.

I vantaggi ci sarebbero sia per i lavoratori, perché la somma di reddito di cittadinanza e salario in nero sarebbe superiore alla paga regolare; sia per i datori di lavoro, perché risparmierebbero dal 30% al 60% sul costo del lavoro pur potendo avere comunque la stessa prestazione lavorativa.

Commercio, turismo, agricoltura, servizi di manutenzione e di pulizia sono per Unimpresai settori nei quali si potrebbero registrare i maggiori casi di anomalia e distorsione.

Lavoratori part time e con stipendio inferiore a 1.000 euro mensili quelli potenzialmente più interessati a valutare forme di aggiramento e violazione della misura.

Condivido la valutazione di Unimpresa, secondo cui l’effetto finale della misura sul reddito di cittadinanza andrebbe in netta controtendenza rispetto agli obiettivi perseguiti dal governo: non si creerebbe nuova occupazione, ci sarebbe un boom del lavoro nero e si registrerebbero casi di frode a danno della finanza pubblica.

Per creare nuova occupazione, sono le proposte che vengono dagli imprenditori e che vanno sostenute, bisogna tagliare il cuneo fiscale e i costi a carico delle aziende, ma ci rendiamo conto che si tratterebbe di interventi poco spendibili sul piano elettorale e non remunerativi in termini di voti”.