LA GUERRA DEL GRANO ANCHE NELLA NOSTRA REGIONE: “VOGLIAMO CONOSCERE L’ORIGINE DEI PRODOTTI, DIFENDIAMO IL MADE IN ITALY!”

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All’indomani dello scoppio della #guerradelgrano al porto di Bari, proprio alla vigilia della raccolta del grano italiano con evidenti finalità speculative, la Coldiretti Basilicata, presente con una delegazione all’arrivo del mercantile, ha dichiarato:

“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti.

Sono ben 2,3 milioni le tonnellate di grano duro che sono arrivate lo scorso anno dall’estero quasi la metà delle quali proprio dal Canada che peraltro ha fatto registrare nel 2017 un ulteriore aumento del 15% secondo le analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017.

Una realtà che rischia di essere favorita dall’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che prevede l’azzeramento strutturale dei dazi indipendentemente dagli andamenti di mercato.

Un pericolo anche per i consumatori con i cereali stranieri risultati irregolari per il contenuto di pesticidi che sono praticamente il triplo di quelli nazionali a conferma della maggiore qualità e sicurezza del Made in Italy, sulla base del rapporto sul controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti divulgato l’8 Giugno 2017 dal Ministero della Salute.

I campioni risultati irregolari per un contenuto fuori legge di pesticidi sono pari allo 0,8% ne caso di cereali stranieri mentre la percentuale scende ad appena lo 0,3% nel caso di quelli di produzione nazionale.

Peraltro in alcuni Paesi terzi vengono utilizzati principi attivi vietati in Italia come proprio nel caso del Canada dove viene fatto un uso intensivo del glifosate proprio nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato che è stato vietato in Italia dal 22 Agosto 2016 con entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute perché accusato di essere cancerogeno.

La mancanza dell’etichetta di origine non consente ancora di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia nazionale.

L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy”.

Anche perché la Coldiretti di Basilicata si era già espressa nei giorni scorsi con un altro comunicato, proprio sul calo dei consumi dei prodotti cerealicoli lucani, dichiarando:

“Erano vent’anni che non si assisteva a un rischio default del settore cerealicolo come quello attuale con le ultime proiezioni delle quotazioni di borsa che annunciano ribassi fino a 17 euro a quintale, cifre che non ne coprono assolutamente i costi, anche con produzioni superiori alla media.

Ovviamente si tratta di una manovra speculativa che trova una falsa giustificazione nel fatto che il prodotto contenga una bassa quantità di proteine.

Altri alibi produttivi tuttavia influenzano le trattative di queste ore come quello secondo il quale elevate quantità di produzione per ettaro, a parere di commercianti e industriali, rimpinguerebbero abbondantemente le basse quotazioni.

Una manovra speculativa che danneggia ancora una volta tutto il ‘Made in Italy’ ed ovviamente il lavoro dei produttori agricoli lucani. Questi ultimi, in questi giorni, stanno stoccando il prodotto ritirandolo dal mercato in attesa di tempi migliori.

Il tutto a discapito degli ignari consumatori che non sanno di consumare prodotti cerealicoli, prima tra tutti la pasta, derivanti da quelle 70.000 tonnellate di grano estero che la settimana scorsa sono giunte su tre navi al porto di Bari.”

Come ha spiegato il presidente di Coldiretti Basilicata, Piergiorgio Quarto:

“Da questo contesto e dall’inaffidabilità degli interlocutori acquirenti è scaturita la necessità, in casa Coldiretti, di definire un progetto innovativo di filiera governato direttamente dal produttore attraverso le aggregazioni di prodotto (Cooperative) per ridurre progressivamente la dipendenza dall’estero, qualificando pane e pasta italiani con l’individuazione obbligatoria in etichetta dell’origine del grano e per cercare di contenere la volatilità dei prezzi.

Coldiretti, forza amica della società, a fronte di una mancanza di trasparenza di etichettatura, avverte i consumatori di scegliere paste locali, fatte da cooperative di produttori agricoli locali e con grani duri lucani, in quanto la pasta che generalmente si trova sui scaffali dei supermercati ha poco di italiano.

Nel frattempo, oltre allo stoccaggio, Coldiretti partendo dai progetti di filiera finanziati con la precedente programmazione sta rafforzando gli stessi dando valore alla giusta distribuzione della catena economica di prodotti agroalimentari perseguendo, comunque, l’estenuante battaglia al fine di ottenere una legislazione trasparente che dia certezza ai consumatori dell’origine della materia prima”.