POTENZA, BIMBA CADE A SCUOLA E SI ROMPE UN DENTINO: GENITORI FANNO CAUSA E…

Andare a scuola e cadere accidentalmente durante la ricreazione.

A quanti è capitato da piccoli, o a quanti dei nostri figli sono accaduti “incidenti” simili tra le mura scolastiche, ma questa vicenda, lunga ben 23 anni, ha preso un risvolto decisamente diverso.

Non una semplice lamentela dei genitori ma una vera e propria causa per quel dentino rotto a seguito di quella caduta.

E’ quanto si legge oggi sulla gazzetta di Basilicata che spiega:

“C’è da sperare che fosse un dente da latte. Perché quella causa di risarcimento per un dentino rotto alla scuola elementare partita nel lontano 1994 si è conclusa solo ora e se la povera malcapitata doveva aspettare 23 anni per curarsi se la sarebbe vista davvero brutta.

Una «tenzone epocale» quella condotta dal Ministero della Pubblica Istruzione contro i genitori della piccola di 6 anni che in quel lontano anno era caduta a scuola durante la ricreazione, nella scuola elementare Domiziano Viola di Potenza, al punto che sotto l’inevitabile effetto del tempo la causa ha visto le parti mutare perché a circa metà del cammino giudiziario, la «danneggiata» è diventata maggiorenne e ha dovuto rappresentare da sola in giudizio le proprie ragioni.

Ragioni che, alla fine, non sono state in discussione nella loro essenza (la bimba, innegabilmente
in orario scolastico, era caduta e si era rotta un dentino) ma nella loro forma giuridica: il contendere che ha assorbito la bellezza di 13 anni e più si è tutto incentrato sul se si trattasse di responsabilità dei tutori, prevista dall’articolo 2048 del codice civile (come avevano eccepito nell’immediatezza i genitori della piccola) o responsabilità contrattuale per non corretta esecuzione della prestazione (art. 1218 del codice civile) come la riqualificò il Tribunale di Potenza pronunciando sentenza di condanna al risarcimento per il Ministero e la relativa assicurazione.

Contro la decisione del Tribunale (intervenuta a 10 anni dai fatti) Ministero e assicurazione ricorsero in Appello (notificando erroneamente gli atti ancora ai genitori della ragazza ormai maggiorenne) ma i giudici di secondo grado, esattamente dopo altri 10 anni, nel 2014, confermarono la condanna al risarcimento, pur modificandolo nella misura.

Ma Ministero e assicurazione sono andati avanti con ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello non si era espressa sulla diversa qualificazione tra le due fattispecie previste da distinti articoli del codice.

La Cassazione, però, ha concluso la vicenda. «La responsabilità del Ministero – hanno spiegato i giudici – può essere fondata sull’art. 2048 del codice civile., nel caso di danno procurato da un alunno minore ad altro alunno, oppure sull’articolo 1218, nel caso di danno procurato dall’alunno a se medesimo.

Si tratta di due ipotesi alternative di responsabilità» e «nel caso di specie è indubbio che venne fatta valere la responsabilità ex articolo 2048 e che invece il Tribunale di Potenza qualificò la responsabilità del Ministero nei termini di cui all’articolo 1218, mutandone così radicalmente la causa petendi e violando, in tal modo, l’articolo 112 del codice di procedura essendo diversi i presupposti fattuali dell’una domanda rispetto all’altra.

È, però, altrettanto vero che l’atto di appello del Ministero non ha censurato tale vizio, come esattamente rilevato
dalla sentenza della Corte d’Appello».

Per il Ministero una condanna a 6mila euro circa di spese in più e quella bimba ormai di circa 30 anni può finalmente curarsi il dentino”.