SALDI ESTIVI: ECCO DOVE I POTENTINI FANNO ACQUISTI

Il bilancio sulle spese sostenute dai consumatori lucani in occasione dei saldi estivi, secondo uno studio della Confesercenti ha fatto emergere (dopo il flop d’inizio stagione) una lieve ripresa.

Secondo quest’analisi nel capoluogo di regione in particolare, il buon afflusso di visitatori e turisti ha premiato lo sforzo di quegli esercenti (soprattutto di abbigliamento ed accessori) che hanno ridotto notevolmente i giorni di chiusura feriale specie nel centro storico dove “serranda selvaggia” del Ferragosto appartiene ormai al ricordo del passato.

Nella nota di Confesercenti si legge:

“Nemmeno gli sconti bastano a risollevare i consumi moda.

Un risultato generalmente sotto le attese che non basta ad invertire la crisi profonda del comparto.

La quota di budget delle famiglie dedicata alla moda, nel 2015, si attesta al 4,6%, in calo di circa un punto percentuale rispetto al 2010 (quando era il 5,5%)”.

Prospero Cassino, Presidente Confesercenti Potenza, ha fatto sapere:

“Avevamo previsto una spesa media per l’acquisto di articoli di abbigliamento e calzature in saldo di circa 230 euro a famiglia, ma al momento di tirare le somme saremo al di sotto.

A Potenza si è registrata una presenza di utenti purtroppo molto limitata nel tempo e per lo più nei fine settimana anche se comincia a ridimensionarsi la tendenza dei potentini a preferire lo shopping nei grandi centri commerciali del Salernitano.

A pesare, tra i molti fattori, il cambiamento di abitudini che sembrano essere meno interessati di un tempo alla moda, una delle poche aree di spesa che continuano a perdere terreno, in quanto oggi più rappresentativo sembra essere il modello di cellulare posseduto.

All’acquisto compulsivo e totalizzante sta subentrando una scelta consapevole e soprattutto alla ricerca del capo di nitida qualità, che non dia solo una soddisfazione momentanea ma un piacere che duri nel tempo, come una sicurezza che in giro non si sente più.

In parte, come detto, il processo è dovuto a motivi culturali: ma incide anche l’aumento delle spese fisse, che assorbe una quota sempre crescente del budget delle famiglie: rispetto al 2010, infatti, si registra un notevole aumento delle spese per servizi sanitari e salute, che passano dal 4 al 4,5%, per l’abitazione (dal 35,4 al 36,1%), e dei prodotti alimentari (dal 17,2 al 17,7%)”.

Il calo di spesa ha avuto pesanti ripercussioni sul tessuto imprenditoriale: dal 2010 ad oggi si registra la sparizione di oltre 12mila imprese del comparto tessile, abbigliamento e calzature (passate da 140.271 del 2010 alle 127.856 del giugno di quest’anno, con una caduta del 9%) e più di 25mila posti di lavoro: secondo le stime dell’Ufficio economico Confesercenti, gli occupati del settore sono passati, nello stesso periodo, da 350.677 a 324.692, per un calo del 7,4%.