Potenza celebra la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate: questo il discorso del Prefetto

In occasione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, ecco il discorso del Prefetto di Potenza, Michele Campanaro:

“Saluto le autorità civili e militari, le associazioni combattentistiche e d’arma, le ragazze e i ragazzi, le cittadine e i cittadini presenti.

 Rivolgo un deferente saluto al Ministro per le Riforme Istituzionali e la Semplificazione Normativa, Senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, impossibilitata a essere presente qui oggi, ma che ha voluto indirizzare un messaggio di vicinanza alla Città di Potenza ed ai partecipanti a questa solenne cerimonia.

A tutti va il mio sentito ringraziamento per avere onorato con la presenza le celebrazioni di questo quattro novembre, nella ricorrenza dell’Unità Nazionale e della giornata delle Forze Armate.

Nel cuore di Potenza, dinanzi a questo Monumento ai Caduti, si raccoglie la memoria più alta e più pura della nostra comunità.

Questo Monumento, realizzata dal maestro Giuseppe Garbati di Marsico Nuovo ed inaugurato esattamente cento anni fa, reca scolpiti i nomi dei duecentocinquantatre potentini caduti durante la Grande Guerra: ogni nome inciso ci parla di un dovere che attraversa il tempo, il dovere di custodire l’eredità dei nostri caduti non con le parole, ma con l’impegno e la cura, della nostra Città e delle sue Istituzioni.

Per questo ringrazio sempre il Presidente della Sezione di Potenza dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia per gli interventi di riqualificazione realizzati due anni fa sulla parte bronzea e sono adesso grato per i rimanenti lavori sulle porzioni in pietra e marmo del cippo, di recente avviati dall’Amministrazione locale ed in corso di completamento.

E’ un segno importante di attenzione e di gratitudine verso coloro che hanno sacrificato la vita per il nostro Paese, mantenendo vivo il legame tra la storia e il presente, tra le radici della nostra identità e l’impegno di oggi.

Si comprende così che quella odierna è una pagina viva della nostra storia nazionale, che parla di sacrificio, di unità e di speranza. È la giornata che segna il completamento del lungo cammino del Risorgimento italiano, quando nel 1918, con l’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti, ebbe termine per l’Italia la Prima Guerra Mondiale.

La Grande Guerra è stata una tragedia immane, ma anche un momento di maturazione nazionale: un popolo intero, proveniente da regioni e culture diverse, imparò a riconoscersi parte di un’unica comunità.

Già dal 1919, il quattro novembre fu celebrato come “Festa della Vittoria”, in segno di riconoscenza verso i caduti e di orgoglio per l’Unità finalmente compiuta, con l’ingresso dell’Esercito a Trento e l’arrivo delle navi italiane a Trieste. Nel secondo dopoguerra, la nascita della Repubblica e la promulgazione della Costituzione attribuiscono a questa giornata un significato nuovo: non semplice celebrazione della vittoria militare, ma memoria del sacrificio comune, riconoscimento del valore delle Forze Armate e rinnovato senso di appartenenza ad una comunità unita e solidale.

Come sappiamo, nel 1977, riorganizzando il calendario delle festività, il quattro novembre cessa di essere giorno festivo, ma non perde la sua forza simbolica. È rimasta la data in cui l’Italia intera si riconosce, ricordando che l’Unità non è un traguardo conquistato una volta per tutte, ma è un impegno quotidiano, che si rinnova attraverso servizio, solidarietà e memoria.

Valori questi che oggi siamo chiamati a rinnovare con consapevolezza e responsabilità piene, in un tempo in cui la pace è tutt’altro che un bene scontato.

Mentre siamo qui a rendere omaggio a chi ha servito e serve la Patria, il mondo intorno a noi ci richiama ad una realtà drammatica: l’ultimo rapporto ‘Institute for Economics & Peace’ ricorda che sono attivi 56 conflitti armati, il numero più alto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, coinvolgendo oltre 90 Paesi.

Conflitti che, nel solo 2024, hanno provocato più di 230.000 vittime e costretto oltre 100 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Questi numeri crudi ci ricordano quanto sia fragile l’equilibrio mondiale e quanto sia necessario riaffermare ogni giorno il valore della pace come bene supremo e irrinunciabile.

In questo richiamo, trova pieno significato il principio sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 52, secondo cui la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

L’espressione “sacro dovere” non compare in nessun altro articolo della Carta, né in riferimento ad altri doveri civici o morali. È una formula che unisce la dimensione giuridica a quella etica, conferendo alla difesa della Patria un valore non solo normativo, ma anche morale e spirituale, fondato sull’idea di solidarietà e di appartenenza.

Questo vuol dire che la difesa della Patria non coincide con l’esaltazione militare, ma che si sostanzia nella partecipazione attiva alla vita democratica, nella tutela delle libertà fondamentali, nel rispetto delle Istituzioni e nel contributo al bene comune.

In questa visione, il servizio reso nelle Forze Armate, come pure quello prestato nelle forme civili di protezione, di soccorso e di volontariato, rappresentano manifestazioni concrete di un medesimo dovere costituzionale: riaffermare l’impegno dell’Italia per la pace, la sicurezza e la solidarietà internazionale. Le nostre Forze Armate, oggi come ieri, rappresentano non solo un presidio di difesa nazionale, ma anche uno strumento di pace, cooperazione e aiuto umanitario in tante aree del mondo.

In occasione del recente incontro al Quirinale dello scorso 27 ottobre con i Prefetti e con i Consiglieri di Prefettura di nuova nomina, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato l’impegno degli stessi Prefetti come “operatori della Costituzione”, incaricati di farne vivere i suoi valori nella società. Cos’altro vuol dire se non rimettere in capo alle funzioni prefettizie quella sensibilità etica ed istituzionale di grande rilievo nella tutela delle Istituzioni e della “pax socialis”?

“I suoi funzionari possono attingere a una tradizione amministrativa antica, propria ai Corpi dello Stato che hanno accompagnato tutto il processo dell’Unità d’Italia – ricorda ancora il nostro Capo dello Stato – La terzietà dell’ufficio prefettizio esalta la funzione di dialogo e di raccordo con le articolazioni della comunità in cui si trova a operare”.  Diversis verbis, i Prefetti della Repubblica intesi come “operatori di pace”!  

Ancora. Nella visita ufficiale al Quirinale del 14 ottobre scorso, Papa Leone XIV ha rinnovato con forza l’appello alla pace e alla fraternità universale, indicando nella convivenza dignitosa e prospera tra i popoli la via maestra per il futuro dell’umanità. Un discorso denso di richiami alla responsabilità morale e civile, pronunciato in questo tempo segnato da conflitti che lacerano la comunità internazionale.

Richiamando le parole di San Paolo VI e l’insegnamento dei suoi predecessori – da Benedetto XV a San Giovanni XXIII, autore dell’enciclica Pacem in Terris – Leone XIV ha ribadito che la pace non si riduce all’assenza di conflitti, ma è frutto della giustizia, dell’equità e della cooperazione tra i popoli.

Il suo messaggio, in definitiva, è un invito a riscoprire la memoria, le radici e i valori che uniscono, a non lasciarsi travolgere dalla paura o dall’indifferenza, ma a farsi costruttori di pace, a partire dai gesti concreti della solidarietà quotidiana. In un mondo ferito, Leone XIV ci sussurra che la pace non è un’utopia, ma un dovere e una responsabilità condivisa, da perseguire con coraggio, dialogo e impegno quotidiano. Suscitando in questo modo piccole increspature di speranza, come ci ricordava Robert Kennedy.

Concludo, rivolgendo un pensiero carico d’affetto alle ragazze ed ai ragazzi presenti oggi. A voi, che rappresentate il nostro futuro, la preghiera di coltivare sempre il significato profondo di quella responsabilità condivisa, che è fondamento della convivenza civile e del servizio al bene comune.

Un ringraziamento sentito va, infine, al dirigente scolastico, ai professori, alle studentesse e agli studenti del Liceo artistico, musicale e coreutico “Walter Gropius” di Potenza, per aver reso più ricca e sentita questa cerimonia, testimoniando come l’arte e la cultura possano diventare strumenti di armonia e di unione.

A tutti rivolgo, conclusivamente, l’invito a partecipare con curiosità e interesse alle iniziative di “Caserme Aperte”, visitando qui a Potenza la nostra “Caserma Lucania”, sede del Comando Legione Carabinieri “Basilicata”, per conoscere da vicino le donne e gli uomini che ogni giorno operano con dedizione e professionalità per la sicurezza, la legalità e la tutela del nostro territorio.

 Viva le Forze Armate! Viva l’Italia! Viva la Pace!”.