Potenza: Medaglia d’Onore per Antonio di Avigliano! Sopravvissuto alla brutalità della guerra, grande esempio per la nostra terra

Oggi, 4 Novembre, in occasione della Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, diversi gli eventi programmati in Basilicata.

A Potenza, il Prefetto Annunziato Vardè sarà, alle ore 11:00, al Parco di Montereale per deporre una Corona d’alloro al monumento ai Caduti.

Presenti anche, tra gli altri, il Presidente della Regione, Vito Bardi, e il Sindaco, Mario Guarente.

Alle 12:00, una Medaglia d’oro d’onore sarà consegnata, in Prefettura, ad Antonio Mecca: 97enne nato ad Avigliano (PZ), soldato di leva, residente a Picerno (PZ).

A ritirarla i familiari che così, alla nostra Redazione, hanno raccontato la sua storia:

“Buonasera, mi chiamo Antonello Mecca,

sono uno dei tre nipoti di Antonio Mecca, nato il 06/09/1923 ad Avigliano (PZ).

Vorrei raccontarvi brevemente la storia di un uomo al quale verrà consegnato una Medaglia d’onore (legge 27 dicembre 2006, n. 296) per il nostro tramite, in quanto da poco ricoverato in una struttura di riabilitazione di Acerenza (PZ), a seguito di una frattura del femore.

Spero possiate dare questa voce di speranza, nonostante i tempi che stiamo vivendo.

Domattina, (alle ore 12:00 circa) come dicevo, riceveremo in Prefettura il riconoscimento da parte della Repubblica Italiana e quindi dalle mani dell’Illustre Prefetto.

Ha servito, come tanti altri uomini, la repubblica italiana nei peggiori anni dell’epoca contemporanea.

È stato un soldato di leva classe 1923.

Chiamato alle armi l’11/01/ 1943 ed inviato presso il IV reggimento artiglieria con sede in Bolzano.

È stato uno delle migliaia di Internati Militari Italiani (ex-IMI).

Prigioniero nel corso del secondo conflitto mondiale, mi ha sempre riferito di aver sofferto oltre che della fame, anche della ferocia e degli atti brutali compiuti contro di lui e dei suoi compagni d’armi.

È sempre stata una persona buona d’animo, di umili origini, emblema della parte migliore di quegli anni oscuri.

Agricoltore, allevatore, terzo di 5 figli, ha sempre sorretto la propria famiglia prima e dopo il conflitto con il duro lavoro dei campi, con resilienza e tipica tempra lucana.

Ha sempre narrato i crudi momenti vissuti in guerra con un velo di tristezza e malinconia.

Pur avendo subito le brutture di un conflitto bellico non ha mai mostrato né provato rabbia nei confronti dell’esercito tedesco, a causa del quale gli è stata negata la libertà e la dignità in quanto essere umano.

Privato dei suoi diritti, sanciti dalla convenzione di Ginevra.

Mi ha sempre reso partecipe dell’orrore e della brutalità della guerra.

È ancora indelebile nella mente uno dei tanti racconti: una marcia della durata di circa una settimana sprovvisto di indumenti e scarpe (nonostante si trovasse in pieno inverno tedesco ), alla quale pochi prigionieri sono sopravvissuti.

Al termine della marcia, quando ormai le forze venivano meno, in piena notte, viene accantonato in una delle strutture di un campo di prigionia, in compagnia di una decina di commilitoni.

La baracca era talmente piccola ed angusta tanto non avere lo spazio per coricarsi.

Alcuni con le spalle al muro, altri addossati tanto da toccarsi e non avere alcuna libertà di movimento.

Riprende conoscenza al rumore di una raffica di mitragliatrice diretta verso la baracca in cui giaceva, proveniente da una vedetta che in quel momento passava da quelle parti.

Al risveglio, dopo una lunga ed interminabile notte in preda all’angoscia, dopo una serie di spintoni ed una ressa scaturita dal cercare di ripararsi e sfuggire così a colpi mortali, il bilancio è tragico: era l‘unico sopravvissuto in quella mattanza.

Ricorda ancora quei momenti, tutt’ora vividi nella sua memoria.

Come non raccontare della crudeltà inflitta ad un suo commilitone, che nel tentativo di consumare una semplice carota coltivata sotto la minaccia delle armi nemiche, si vede destinatario di un colpo esploso da un “mauser” dalla distanza ravvicinata.

Terrificante è ciò che rimane della mascella e della mandibola del milite sventurato”.

Auguriamo tutto il bene ad Antonio, un eroe e un esempio di vita per la nostra terra.